Guardare, osservare, fissare, contemplare: non sono sinonimi. Sono scelte.

Guardare, osservare, fissare, contemplare: non sono sinonimi. Sono scelte.


Quante volte hai cercato un “bel sinonimo” per non ripeterti? Hai scritto guardò, poi hai aperto un dizionario cercando qualcosa di più originale:

osservò, scrutò, fissò, contemplò...

Ma c’è un problema. Non significano la stessa cosa.
Non sono lì per variare. Sono lì per scegliere con precisione.

La parola perfetta non è diversa. È esatta.

È il cuore di questa rubrica.
E lo vedrai subito partendo da una delle azioni più semplici e frequenti:
guardare.


Guardare non è osservare

Entrambe implicano l’uso degli occhi. Ma non raccontano la stessa scena.


  • “Luca guardava Maria mentre parlava.”
    → Un’informazione neutra, descrittiva, quasi distratta.“


  • Luca osservava Maria mentre parlava.”
    → C’è attenzione. C’è interesse. Sta cercando qualcosa nel suo volto, nel tono, nei gesti.


Guardare è un atto visivo.
Osservare è un atto cognitivo.
Chi guarda vede.
Chi osserva vuole capire.


Guardare non è fissare

Anche fissare implica lo sguardo. Ma aggiunge una carica emotiva.


  • “Fissava la porta senza muoversi.” → Paura? Attesa? Rabbia? C’è qualcosa che trattiene, che si concentra in quello sguardo immobile.
  • “Guardava la porta.” → Descrive solo il fatto. Non racconta cosa c’è dietro quello sguardo.


Fissare è lo sguardo che trattiene. Che immobilizza. È perfetto per descrivere uno stato emotivo forte, spesso silenzioso.


Guardare non è scrutare

Qui entra in gioco il sospetto, la ricerca, la tensione.


  • “Scrutava il buio.” → Non vuole solo vedere: sta cercando qualcosa. È attento, forse teso.
  • “Guardava nel buio.” → Sta semplicemente guardando. Senza obiettivo chiaro.


Scrutare è guardare per scoprire, per decifrare, per stanare. È lo sguardo dell’investigatore. Del dubbio. Del desiderio di verità.


Guardare non è contemplare

Questo è lo sguardo che si lascia andare. Che non cerca, non analizza, non trattiene. Si perde, si emoziona, si connette.


  • “Contemplava il cielo al tramonto.” → È uno sguardo lungo, silenzioso, pieno. C’è poesia. C’è tempo. C’è sentimento.
  • “Guardava il cielo.” → È un gesto. Non c’è coinvolgimento.


Contemplare è lo sguardo che sente, che vibra. Che si sofferma non per capire, ma per essere presente.


E allora: cosa cambia? Tutto.

Prova a rileggere queste quattro frasi:


“Lo guardò.”

“Lo osservò.”

“Lo fissò.”

“Lo scrutò.”


Sono solo verbi, è vero. Ma cambiano il modo in cui immagini la scena.
Cambiano la relazione tra i personaggi. Cambiano l’emozione.


La scelta delle parole non è una questione di stile. È una questione di senso.


La prossima volta che scrivi...

Non cercare un’alternativa per paura di ripeterti. Chiediti che tipo di sguardo vuoi raccontare perché tra guardare, osservare, scrutare, fissare, contemplare,
non c’è una parola migliore, c’è solo quella giusta per quella scena, per quel momento, per quel significato.


La parola perfetta non è diversa. È esatta.



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